Composizioni con le succulente: come scegliere le piante e cosa è bene sapere

Lo chiarisco subito: l’argomento composizioni ha ben poco a che spartire con lo spirito di questo mio sito. Anzi, a ben vedere siamo agli antipodi: da un lato l’approccio spartano che punta a ottenere piante simili a quelle in habitat e che sta alla base del mio metodo di coltivazione; dall’altro la coltivazione ai soli fini estetici, che personalmente non pratico ma che sappiamo bene essere diffusissima. Ma la vita, si sa, non è mai tutta bianca o tutta nera, qualche sfumatura ci deve sempre essere… Così, ecco un articolo corredato da un mio video su come si realizza una semplice composizione di piante succulente. In fondo, un occhio all’estetica non guasta mai e anch’io, che amo le piante “vissute”, simili a quelle in natura, non disdegno una composizione ben fatta, purché senza fronzoli e realizzata nel rispetto delle esigenze delle singole piante.

Attenzione: il tema può sembrare scontato e la materia molto semplice, ma non è così e ne capiremo le ragioni nelle prossime righe. (…)

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Coda di scimmia, dedos de muerto, peyote, biznaga: come nascono i nomi comuni delle succulente

Tutti gli appassionati di cactus e succulente hanno dimestichezza con nomi e nomignoli come “cuscino della suocera“, “albero di giada“, “sassi viventi“, “cappello del vescovo“, “Natalina“, “Peyote“. Ma che ne dite di “unghia di strega“, “dedos de muerto“, “estrella de la tarde“, “traveler’s friend“, “collana di perle“, “lingua del diavolo“, “blue barrel“, “ruga del deserto“? La classificazione botanica risponde a precisi criteri scientifici e ci aiuta ad orientarci tra le varie famiglie di piante, succulente o meno, suddividendole in famiglie, generi, specie, sottospecie, varietà, ecc. In parallelo, però, da sempre è pratica comune in tutto il mondo attribuire “nomignoli” alle piante. Sono i cosiddetti nomi comuni o nomi “volgari” (da “volgo”, popolo). Nomi popolari o nomi vernacolari, potremmo dire. E in questo ambito la fantasia umana ha avuto modo di esprimersi ampiamente, riflettendo anche da un punto di vista sociale, storico e culturale le caratteristiche dei popoli. Basti un esempio: quello che in Italia è stato battezzato “cuscino della suocera” per via della sua forma a “pouf” per nulla invitante a causa delle forti spine, nel mondo anglosassone è noto come “golden barrel“, ossia botte d’oro. Due definizioni diverse, insomma, per la stessa cactacea, l’Echinocactus grusonii: una connotata dalla pungente ironia italica, l’altra dal pragmatismo britannico. Gli esempi sono pressoché infiniti e, oltre a rivelarsi una interessante chiave di lettura di quella che possiamo definire “l’anima dei popoli”, possono divertire, stupire, incuriosire. Possono indurre domande e possono insegnare.

Nell’articolo che segue, ecco un’ampia raccolta dei più diffusi nomi comuni attribuiti nel mondo a cactus e succulente con la spiegazione delle possibili ragioni circa la scelta del “nomignolo”. L’elenco è in ordine alfabetico: per ogni nome botanico sono indicati i vari nomi comuni. Questo mio articolo è stato inoltre tradotto e pubblicato sulla rivista Cactus World, edita dalla BCSS (British Cactus & Succulent Society), in particolare sul volume 40 No. 3 del mese di Settembre 2022. Il mio ringraziamento va all’editore, Al Laius. (…)

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Titanopsis calcarea, una succulenta a fioritura invernale con regole di coltivazione particolari

Dalla metà di dicembre all’inizio di gennaio è tempo di fioritura per una pianta succulenta piuttosto diffusa e molto apprezzata dal punto di vista estetico: Titanopsis calcarea. L’aspetto delle foglie, la loro disposizione, il colore e i rilievi puntiformi (simili a verruche) sulla superficie carnosa delle foglie stesse fanno di questa pianta  una piccola roccia vivente, al pari con i Lithops. E non è un caso che il nome Titanopsis derivi dall’unione dei termini greci “titanos” (inteso come “gesso”, “calce”) e “opsis“, ossia “aspetto”. Insomma, pianta dall’aspetto di una roccia calcarea o di un “grumo di terra” (l’efficace definizione è di Giuseppe Lodi), potremmo definirla. Il genere Titanopsis appartiene alla famiglia delle Aizoaceae (ex Mesembriantemaceae) ed è originario dell’Africa del Sud, in particolare della Namibia e della Provincia del Capo. La coltivazione di queste piante, e nello specifico della Titanopsis calcarea, richiede qualche accorgimento particolare rispetto a quelli che riserviamo alle cactacee.

Entriamo in dettaglio e conosciamo meglio questa pianta e le sue esigenze nell’articolo che segue (….).

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La famiglia delle Asclepiadaceae: succulente africane con fiori bellissimi ma… puzzolenti

Quella delle Asclepiadaceae è una delle famiglie di piante succulente più importanti. E’ originaria dell’Africa e raggruppa molte specie apprezzate e diffuse in commercio. La particolarità di queste piante è la spettacolare fioritura, che ha però un grosso “contro”: i fiori emanano un pessimo odore, un odore di carne in putrefazione!

Nonostante siano ormai passati più di vent’anni, ricordo ancora perfettamente il mio primo incontro con una Asclepiadacea. Da pochi anni mi ero avvicinato al mondo delle piante grasse e un giorno andai a visitare un vivaio alle porte della mia città. Ero intento a curiosare tra le succulente già da un bel po’ quando la titolare del vivaio, una signora su di età ma molto baldanzosa, evidentemente accortasi di me e dei miei interessi in fatto di piante, mi si avvicinò e mi disse: “La vuoi vedere una pianta grassa con dei fiori bellissimi?“. Risposi che sì, chiaro che la volevo vedere, così mi fece percorrere uno stretto corridoio ingombro di piante e mi indicò una grande succulenta in un vaso appeso. Aveva spessi fusti carnosi e dritti di colore verde con i bordi rossastri e da uno di questi fusti pendeva un enorme fiore a forma di stella con le punte allungate e sottili, con i petali di colore giallo sfumato attraversati da piccole striature scure. “Avvicinati, senti che buon profumo“, mi disse la signora passando da un sorriso trattenuto a una risata aperta, grassa, non appena obbedii e subito mi ritrassi, disgustato da quell’odore di carne putrescente che da quel fiore mi era entrato dritto nel naso.

Ecco, se da un lato ancora oggi mi piacerebbe vedere la mia espressione subito dopo aver annusato quel fiore, d’altro lato lo scherzo di quella vivaista ha impresso per sempre nella mia memoria il mio primo incontro con una Stapelia (nella fattispecie una Stapelia gigantea), ma soprattutto con il suo fiore, tanto bello e appariscente quanto terribile, disgustoso in fatto di odore. E d’altra parte è questa la caratteristica principale di quasi tutte le piante appartenenti alla famiglia delle Asclepiadaceae (scritto anche Asclepiadacee): i loro fiori, si tratti di quelli di piccole dimensioni dei Piaranthus o di quelli enormi di certe Stapelia, puzzano tremendamente. L’odore che emanano è quello della carne in putrefazione, in particolare, e c’è un motivo ben preciso se la Natura ha scelto così per loro.

Vediamo allora perché questa ampia famiglia di succulente è condannata a produrre fiori con splendide forme, incredibili striature eppure terribilmente maleodoranti. Conosciamo meglio le Asclepiadaceae, i vari generi appartenenti a questa famiglia originaria dell’Africa e impariamo a coltivarne correttamente le varie specie. (…)

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Crassula ovata, “albero di giada” o “pianta dei soldi”: ecco come coltivarla al meglio

Chi non ha mai visto un esemplare di Crassula? Queste piante, appartenenti alla famiglia delle Crassulaceae, sono molto diffuse e coltivate un po’ ovunque grazie alla loro adattabilità. La Crassula ovata, in particolare, è una pianta grassa molto decorativa, a forma di alberello con foglie spesse e carnose e può essere coltivata tanto all’esterno quanto in appartamento, purché in buone condizioni di luce. 

Conosciuta comunemente come “albero di giada” per via del colore verde brillante delle sue foglie carnose, o “pianta dei soldi” per la forma tondeggiante/allungata sempre delle foglie, la Crassula ovata è una pianta succulenta molto diffusa in coltivazione. La si può osservare spesso anche negli appartamenti, dove cresce comunque bene grazie alla sua grande adattabilità e dove può aggiungere un tocco di verde non scontato grazie al suo portamento ad alberello, con rami spessi e robusti di colore marrone. La Crassula ovata è sicuramente una pianta comune, per nulla ricercata e semplice nelle forme; tuttavia, ha un suo fascino e la facilità di coltivazione la rende una succulenta praticamente alla portata di tutti.

Nell’articolo che segue vediamo in dettaglio da dove proviene la Crassula ovata, quali sono le esigenze di coltivazione di questa succulenta, quali sono i suoi punti deboli e come può essere riprodotta con successo anche da chi è alle prime armi nella coltivazione delle piante grasse. (…)

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