E’ arrivata proprio dai cactus l’ispirazione per produrre idrogeno a costi più sostenibili

Che i cactus siano un piccolo miracolo della Natura, da un punto di vista “evoluzionistico” e per quanto concerne l’ingegnosità delle piante, è un fatto noto a chiunque abbia approfondito un minimo le caratteristiche e le capacità di questa famiglia botanica. Il loro modo di accumulare riserve idriche, di adattarsi a condizioni estreme e di escogitare soluzioni “creative” per far fronte alle avversità insite nei loro luoghi di origine è unico e sofisticato. In una parola, affascinante. E come spesso accade, l’uomo osserva la Natura e ne trae spunto per ricavare soluzioni a problemi o, semplicemente, per tentare di migliorare la propria condizione. Un curioso caso che segue queste dinamiche è stato recentemente riportato da alcuni siti internazionali specializzati e riguarda la produzione di idrogeno, che proprio grazie ai cactus, sebbene indirettamente, potrebbe rivelarsi economicamente più abbordabile.

Ecco in dettaglio di cosa si tratta (…).

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Piante in vegetazione con fiori e spine: quando possiamo riprendere ad annaffiare?

Con l’allungarsi delle giornate in prossimità dell’arrivo della primavera, le cactacee escono dalla stasi e riprendono la vegetazione. Ce ne accorgiamo dalla produzione di nuove spine, anzitutto: è sufficiente osservare con attenzione l’apice delle piante per vedere i nuovi aculei spuntare dalle areole. I fusti possono ancora essere sgonfi a seguito dei mesi di asciutta invernale, ma le piante “sentono” l’arrivo della bella stagione – soprattutto dal lieve aumento delle temperature e dall’allungarsi del fotoperiodo – e, anche senza aver ricevuto acqua, escono dallo stato di dormienza. Moltissime cactacee, tra febbraio e marzo, danno il via alle fioriture. Tra i generi più precoci, i Turbinicarpus, gli Strombocactus, molte specie di Mammillaria, gli Ancistrocactus e gli Stenocactus, che in queste settimane si riempiono di boccioli. Le nuove spine sono invece evidenti in alcune specie di Echinocactus (soprattutto E. texensis ed E. parryi), Ferocactus e Neoporteria (=Eriosyce).

Attenzione, però: se la ripresa della vegetazione è evidente e le fioriture sono in molti casi già in corso, non è detto che si debba cominciare con le annaffiature. Molti coltivatori, infatti, sulla base di questi segnali sono indotti a pensare che sia il momento di riprendere ad irrigare le cactacee. Molto spesso questa “fretta” si rivela disastrosa, perché se è vero che le piante stanno tornando in vegetazione, è altrettanto vero che l’apparato radicale può non essere ancora attivo. In queste condizioni, bagnare il substrato quando le temperature non si sono ancora assestate e permangono minime notturne non superiori a 4-5 gradi può innescare il marciume. 

Vediamo allora quando è opportuno riprendere le irrigazioni e cosa fare in previsione dell’arrivo della primavera. (…)

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Cambiamento climatico: i cactus mettono radici in Trentino e sulle Alpi Svizzere

Per gli amanti delle cactacee e delle succulente in generale può sembrare una bella notizia. In realtà, non è tutto oro quel che luccica e la naturalizzazione di piante “aliene” (o “alloctone”) può rappresentare un vero e proprio problema dal punto di vista ambientale, dal momento che questo fenomeno contribuisce ad alterare i delicati equilibri costruiti dalla Natura nell’arco di millenni. E’ quello che è stato recentemente osservato anche in Trentino e in Svizzera, dove, sorprendentemente, si espande la presenza di cactacee, nella fattispecie Opuntia. In effetti, sebbene le Opuntia siano originarie delle Americhe come tutte le cactacee (qui le mappe con la distribuzione delle succulente nel mondo), sono naturalizzate ormai da centinaia di anni in moltissime parti del globo – basti pensare al Sud Italia, ma anche alla lontana Australia. Che questi cactus comincino ad adattarsi al clima delle Alpi Svizzere e del Trentino, tanto da prosperare anche in queste aree, desta non poca sorpresa e – sotto il profilo naturalistico – un certo allarme, che è peraltro connesso al generale problema del cambiamento climatico.

A dare la singolare notizia, alcune settimane fa, è stato il giornale online Il Dolomiti, con base a Trento. Non solo: il tema è stato trattato anche dalla tv Svizzera e dal prestigioso The Guardian. Ecco di cosa si tratta. (…)

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Composizioni con le succulente: come scegliere le piante e cosa è bene sapere

Lo chiarisco subito: l’argomento composizioni ha ben poco a che spartire con lo spirito di questo mio sito. Anzi, a ben vedere siamo agli antipodi: da un lato l’approccio spartano che punta a ottenere piante simili a quelle in habitat e che sta alla base del mio metodo di coltivazione; dall’altro la coltivazione ai soli fini estetici, che personalmente non pratico ma che sappiamo bene essere diffusissima. Ma la vita, si sa, non è mai tutta bianca o tutta nera, qualche sfumatura ci deve sempre essere… Così, ecco un articolo corredato da un mio video su come si realizza una semplice composizione di piante succulente. In fondo, un occhio all’estetica non guasta mai e anch’io, che amo le piante “vissute”, simili a quelle in natura, non disdegno una composizione ben fatta, purché senza fronzoli e realizzata nel rispetto delle esigenze delle singole piante. Attenzione: il tema può sembrare scontato e la materia molto semplice, ma non è così e ne capiremo le ragioni nelle prossime righe. (…)

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Coda di scimmia, dedos de muerto, peyote, biznaga: come nascono i nomi comuni delle succulente

Tutti gli appassionati di cactus e succulente hanno dimestichezza con nomi e nomignoli come “cuscino della suocera“, “albero di giada“, “sassi viventi“, “cappello del vescovo“, “Natalina“, “Peyote“. Ma che ne dite di “unghia di strega“, “dedos de muerto“, “estrella de la tarde“, “traveler’s friend“, “collana di perle“, “lingua del diavolo“, “blue barrel“, “ruga del deserto“?

La classificazione botanica risponde a precisi criteri scientifici e ci aiuta ad orientarci tra le varie famiglie di piante, succulente o meno, suddividendole in famiglie, generi, specie, sottospecie, varietà, ecc. In parallelo, però, da sempre è pratica comune in tutto il mondo attribuire “nomignoli” alle piante. Sono i cosiddetti nomi comuni o nomi “volgari” (da “volgo”, popolo). Nomi popolari o nomi vernacolari, potremmo dire. E in questo ambito la fantasia umana ha avuto modo di esprimersi ampiamente, riflettendo anche da un punto di vista sociale, storico e culturale le caratteristiche dei popoli. Basti un esempio: quello che in Italia è stato battezzato “cuscino della suocera” per via della sua forma a “pouf” per nulla invitante a causa delle forti spine, nel mondo anglosassone è noto come “golden barrel“, ossia botte d’oro. Due definizioni diverse, insomma, per la stessa cactacea, l’Echinocactus grusonii: una connotata dalla pungente ironia italica, l’altra dal pragmatismo britannico. 

Gli esempi sono pressoché infiniti e, oltre a rivelarsi una interessante chiave di lettura di quella che possiamo definire “l’anima dei popoli”, possono divertire, stupire, incuriosire. Possono indurre domande e possono insegnare. Nell’articolo che segue, ecco un’ampia raccolta dei più diffusi nomi comuni attribuiti nel mondo a cactus e succulente con la spiegazione delle possibili ragioni circa la scelta del “nomignolo”. L’elenco è in ordine alfabetico: per ogni nome botanico sono indicati i vari nomi comuni. (…)

Questo mio articolo è stato inoltre tradotto e pubblicato sulla rivista Cactus World, edita dalla BCSS (British Cactus & Succulent Society), in particolare sul volume 40 No. 3 del mese di Settembre 2022. Il mio ringraziamento va all’editore, Al Laius.

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