L’importanza della genetica: confronto tra cactus ottenuti da una stessa semina ma con semi di diversa provenienza

La coltivazione dei cactus, così come di tutte le altre piante, passa attraverso innumerevoli fattori. Dal substrato all’esposizione; dalle annaffiature alle fertilizzazioni; dalle temperature alla latitudine alla quale le piante vengono coltivate. E questi sono solo alcuni degli elementi che determinano la crescita delle piante. Un fattore in particolare, tuttavia, è fondamentale e su questo è possibile intervenire solo in minima parte. Si tratta della genetica della pianta. Naturalmente è possibile incrociare il polline di due piante della stessa specie al fine di selezionare esemplari particolari, ad esempio scegliendo le cactacee con le spine più robuste, così da ottenere semi che possono portare, nel loro DNA, questa caratteristica. Questa pratica è ampiamente diffusa ed è per questo che presso vivaisti e collezionisti si possono osservare piante con spine notevoli, molto più belle e robuste rispetto ad esemplari dello stesso genere e della stessa specie. Insomma, il patrimonio genetico della pianta (esattamente come accade per ogni essere vivente) è fondamentale e determina l’aspetto che quella pianta assumerà con il tempo. Come detto, si può intervenire, sebbene fino a un certo punto, su questo fattore, ma si tratta di un’operazione non semplice e che non sempre dà i frutti desiderati. A volte, però, i frutti si raccolgono anche “casualmente”, come è accaduto in molti miei Echinocactus texensis, a partire dai due che vedete nelle foto a corredo di questo articolo.

Osservate la foto di copertina. Ritrae due esemplari di Echinocactus texensis che ho ottenuto da una mia semina di cinque anni fa. In quell’occasione sono nate almeno un centinaio di piante (forse di più) e non tutte sono uguali tra loro. Certo, un’occhiata superficiale liquiderebbe le piante come due texensis qualsiasi. Ma guardate bene: l’esemplare di sinistra ha spine molto più larghe, lunghe, spesse e robuste rispetto a quelle dell’esemplare di destra.

In questo articolo esaminiamo le ragioni di questa differenza tutt’altro che minima e capiamo cosa è successo, anche perché queste sono solo due piante che ho deciso di coltivare sul balcone di casa, ma anche nelle altre decine di texensis ottenuti da quella stessa semina (e che coltivo in serra) alcuni esemplari sono più grandi di altri, così come alcuni presentano spine forti e lunghe e altri spine corte e sottili. (…)

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Il fertilizzante per cactus e piante grasse: quale scegliere, quando e come somministrarlo

E’ necessario fertilizzare (o concimare) i cactus e le piante grasse? In quale periodo dell’anno va somministrato il fertilizzante? Ma soprattutto: per le piante succulente va bene qualsiasi tipo di fertilizzante o è bene ricorrere a prodotti specifici?

Sono tutte domande che qualsiasi appassionato alle prime armi si pone, ma anche chi coltiva piante grasse da tempo può avere dubbi su quanto e come fertilizzare e soprattutto su quali caratteristiche deve avere il prodotto giusto. Va infatti premesso che le succulente, e i cactus in particolare, vivono in ambienti e in terreni “poveri”, sabbiosi, non ricchi (salvo per alcune specie) di sostanze organiche. Ne deriva che queste piante non necessitano di un grande quantitativo di nutrienti. E questo si traduce in fertilizzazioni ridotte e somministrate con prodotti contenenti i giusti elementi nutritivi nelle giuste proporzioni. In altre parole, un cactus non dovrà essere fertilizzato con la stessa frequenza e, soprattutto, con lo stesso prodotto che si utilizza per piante a foglia o, come si suol dire, da interni.

Vediamo in questo articolo tutto quello che è importante sapere sulla fertilizzazione delle piante grasse, a partire dal periodo per arrivare alla giusta composizione del concime da somministrare. (…)

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Piante grasse, succulente, cactus: che confusione… Impariamo a chiamare le nostre piante col giusto nome!

Cactus, piante grasse, piante succulente: molto spesso chi non ha ancora grande esperienza con questo mondo considera sinonimi questi termini, utilizzandoli senza distinzione per indicare un Ferocactus come un’Euphorbia o una Crassula. Le differenze tra un cactus e una succulenta, tuttavia, sono notevoli e per coltivare al meglio quelle che da sempre sono chiamate genericamente piante grasse è importante conoscere queste  fondamentali differenze.

La definizione “piante grasse” è tanto diffusa quanto efficace per indicare un gruppo botanico più o meno definito. Tuttavia, nel linguaggio comune, di questi tempi è sufficiente scorrere i social per rendersene conto, si parla di piante grasse in continuazione, senza operare alcuna distinzione tra una famiglia botanica e l’altra. Se infatti la definizione comune rende bene l’idea (piante grasse, ossia dai fusti panciuti o dalle foglie carnose), al tempo stesso non rende giustizia alle precise regole botaniche della classificazione e contribuisce indirettamente a creare più confusione che altro. Parliamo di piante grasse indicando un’Aloe, oppure l’Adenium obesum, un Ferocactus, un Lithops, una Euphorbia, una Crassula, una Mammillaria, una Stapelia o un’Agave. La definizione è efficace, su questo non si discute, e al tempo stesso aiuta a circoscrivere un preciso gruppo di piante, ma attenzione: occorre poi saper entrare un minimo nel dettaglio e riconoscere quantomeno le principali famiglie di queste “piante grasse” (più correttamente dette “piante succulente”) per poterle coltivare bene. Le esigenze di coltivazione (esposizione, annaffiature, substrato ecc.) che intercorrono tra un Ariocarpus (che è un cactus) e una Echeveria (che è una Crassulacea), ad esempio, sono molto diverse. Ecco perché è importante sapere che “piante grasse” è solo un termine generico e di uso comune, ed ecco perché è importante saper entrare poi – almeno quel che basta – nel dettaglio per distinguere subito un cactus da un’Euphorbia, una Crassula da un Lithops, una Stapelia da un’Agave, un Sempervivum da un Sedum, una Sansevieria da una Schlumbergera, giusto per citare esempi di piante che molto probabilmente, se vi piacciono le succulente, potreste avere a casa.

In questo articolo vediamo dunque cosa sono le cosiddette “piante grasse” e impariamo a entrare nel dettaglio delle più importanti famiglie botaniche solitamente ricomprese nella definizione comune (o “volgare”, inteso come “dal volgo”, dal popolo) che anche molti appassionati non più alle prime armi usano ancora indistintamente. In tutto questo ci aiuterà il testo ma anche la ricca gallery fotografica che mostra le distinzioni tra una famiglia e l’altra (…)

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Storia di un Echinocactus grusonii nato per perdere ma in piena vita per vincere (e alla grande)!

Buttereste via quell’esemplare di Echinocactus grusonii che vedete nella foto in alto? Ovvio che la risposta è no. Anzi, con spine così perfette sarebbe un delitto lasciar morire una pianta simile. E pensare che alcuni anni fa, quando quella pianta era ancora un semenzale di pochi mesi, ero sul punto di buttarla! No, non ero impazzito di colpo, semplicemente questa pianta, all’incirca nel 2015, era solo uno dei tanti semenzali di grusonii ottenuti con una mia semina particolarmente fortunata (ossia contraddistinta da un’alta germinazione). Quello che vedete in foto era l’unico semenzale nato da quella semina ad essere arrivato alla fase del primo ripicchettamento in condizioni pietose, al punto che, convinto che non avrebbe superato nemmeno il primo rinvaso, ero intenzionato a gettarlo insieme al terriccio da semina. Oggi, a distanza di quasi dieci anni, quel semenzale malformato, poco sviluppato e dall’aria malaticcia è diventato esattamente come lo vedete nella foto che ho scattato pochi giorni fa.

Ecco, nell’articolo che segue, la storia di questa pianta, una pianta che ha saputo impartirmi un insegnamento importante: mai giudicare un libro dalla copertina. Nella vita così come quando si ha a che fare con la Natura. (…)

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Sua Maestà la Copiapoa: una serie di foto esclusive esalta la bellezza di questo straordinario cactus

Il fusto grigio, le spine nere, la forma compatta e perfetta nella sua “semplicità” fanno della Copiapoa, in particolare delle specie del gruppo cinerea, un vero e proprio capolavoro della Natura. Tra gli appassionati di cactus queste piante rappresentano un vero e proprio gioiello, al punto che, purtroppo, attorno e a scapito delle Copiapoa si è da anni creato un mercato nero che muove milioni di dollari in tutto il mondo. Un mercato che comporta l’estirpazione di esemplari in habitat – ad onta delle leggi a tutela della specie – successivamente destinati al traffico illecito, con grave danno per l’ambiente e per l’intero genere Copiapoa. A maggior ragione, quando si acquista un esemplare di questa cactacea è fondamentale affidarsi a vivaisti specializzati, evitare aste online e, soprattutto, osservare bene la pianta. L’occhio esperto sa distinguere, quasi sempre, l’esemplare coltivato da seme e quello prelevato in natura. E se è vero che le Copiapoa cresciute nel loro habitat hanno colori e spine in grado di affascinare anche chi non è appassionato di cactacee, è altrettanto vero che con una corretta coltivazione anche esemplari ottenuti da seme possono diventare piante splendide e incredibilmente attraenti.

Proprio per esaltare la bellezza di fusti e spine di queste piante ho elaborato alcune foto di miei esemplari, scontornandoli e facendo sì che risaltino su uno sfondo nero. I risultati sono eccezionali, come mostra la gallery contenuta nell’articolo che segue. (…).

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