Coltivazione spartana in pieno sole, e i risultati si vedono: piante sane e spine robuste

Coltivare i cactus è semplice ma coltivarli facendo sì che possano esprimere al massimo le loro potenzialità in termini di spine e fiori richiede una certa esperienza e alcune conoscenze di base. Un metodo di coltivazione molto efficace per ottenere esemplari robusti, piante sane e con spine spesse e forti è la coltivazione spartana, detta anche naturale o “wild”, che limita l’intervento umano al minimo indispensabile e fa sì che le piante assumano un aspetto simile a quello che hanno nei loro habitat.

Le temperature sono ancora sopra le medie stagionali, ma l’estate è sfumata e l’autunno è in marcia. Come ogni anno, alla fine di settembre ho cominciato a preparare la mia serra ai mesi freddi. Niente di trascendentale, giusto qualche lavoro di pulizia, trasloco di piante dall’esterno all’interno, un controllo all’impianto di riscaldamento e un paio di passate di rame a scopo preventivo per mantenere sane le piante. Il resto lo faranno le piante stesse, disidratandosi a seguito della sospensione delle annaffiature da metà settembre (d’ora in avanti annaffierò giusto qualche succulenta a foglia e, sporadicamente, CopiapoaEriosyce fino a fine ottobre) e cominciando a produrre il loro “antigelo” naturale all’interno dei tessuti e dei fusti. 

Questo è un buon periodo per verificare lo stato di salute delle piante e, nel mio caso, per “tirare qualche somma” sugli esiti della coltivazione spartana alla quale ho sottoposto diversi esemplari, come spiego nell’articolo che segue. (…)

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Un classico senza tempo: Echinocactus grusonii, conosciuto anche come “cuscino della suocera”

E’ il classico dei classici, il cactus più comune e conosciuto in assoluto. Ciò non toglie che l’Echinocactus grusonii resti, a mio avviso, una delle più belle tra tutte le cactacee. Il portamento del fusto, il colore giallo oro delle spine, la loro densità, la perfetta armonia del fusto nel suo complesso fanno di questa pianta una vera e propria opera d’arte vivente. Se cercate un cactus principalmente per le sue fioriture, però, lasciate perdere. Il grusonii impiega almeno una trentina di anni prima di fiorire, talvolta anche di più. Senza contare che i fiori non sono certo tra i più significativi nell’ampio ventaglio offerto dalle cactacee. In sintesi, l’Echinocactus grusonii è un “must” in tutte le collezioni per la bellezza intrinseca della pianta e per le splendide spine.

Impariamo tutto quello che ci sarà utile per riconoscere e coltivare al meglio l’Echinocactus grusonii (comunemente chiamato anche “cuscino della suocera”) nell’articolo che segue, corredato da una gallery di bellissime foto. (…)

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Facile da coltivare e generosa con le fioriture: Lobivia ferox, pianta ideale per chi ama le spine

Lobivia ferox è un cactus di facile coltivazione, con il fusto densamente ricoperto di spine molto lunghe e, per l’appunto, “feroci”. Queste piante sono di facile coltivazione  e producono delle splendide fioriture dal bianco al giallo, con ampie corolle.

Va detto subito che le Lobivia ferox sono piante riservate esclusivamente agli amanti delle spine. Chi non apprezza le cactacee “agguerrite” difficilmente si accosterà alla Lobivia ferox, una tra le specie più spinose dell’intero genere e al tempo stesso una delle cactacee più “armate”. Gli esemplari di questa specie sono infatti molto variabili tra di loro, ma ad accomunarli è la presenza massiccia di spine robuste, lunghe, puntute e in alcuni casi ricurve e uncinate. Altro tratto distintivo di queste piante sono i fiori: di grandi dimensioni, molto appariscenti, a forma di imbuto ma con lo stelo corto, appaiono anche sulle piante di soli tre o quattro anni. La coltivazione, così come per tutte le Lobivia, è molto semplice: si tratta infatti di piante robuste, che tollerano bene il sole intenso e le basse temperature invernali. Anche la semina è semplicissima e le Lobivia si possono quindi riprodurre senza particolari problemi.

Approfondiamo la conoscenza di questa stupenda specie e vediamo come deve essere coltivata nell’articolo che segue. (…)

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Compatto e grintoso: l’horizonthalonius è il primo a fiorire tra gli Echinocactus

Piante estremamente compatte, dal fusto color grigio/azzurro (talvolta verde scuro) fasciato da spine robuste. Gli Echinocactus horizonthalonius sono la rappresentazione della robustezza e al tempo stesso dell’armonia. Sono piante originarie dell’Arizona, del New Mexico, del Texas e degli stati messicani del sud, in particolare della zona del deserto di Chihuahua e dell’area di San Luis Potosì. Sono, tra le specie del genere Echinocactus, quella a fioritura più precoce, dal momento che possono far sbocciare i loro bellissimi fiori color fucsia anche dal quinto anno d’età. Una bella differenza col “cugino” grusonii, ad esempio, che non fiorisce prima dei trent’anni!

Ma andiamo per gradi e, nell’articolo che segue, analizziamo in dettaglio questa interessante cactacea approfondendo anche gli aspetti relativi alla sua corretta coltivazione. (…)

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Irrobustire le spine delle cactacee: un piccolo esperimento con alcune semine di Ferocactus

In base alle esperienze di alcuni coltivatori, le piante del genere Ferocactus sembrano gradire l’aggiunta di materiale calcareo nella composta. A trarne beneficio sarebbero soprattutto le spine, che si irrobustirebbero sensibilmente rispetto a quelle di esemplari coltivati in terricci più “tradizionali”, ad esempio il classico mix pomice, lapillo, torba in parti uguali. Sulla base di questa considerazione ho voluto fare un piccolo esperimento con alcune mie semine di Ferocactus acanthodes (semi ricavati da un frutto secco preso da una pianta adulta durante un viaggio in Arizona) e Ferocactus latispinus. Gli acanthodes sono nati nel 2013, mentre i latispinus sono del 2010. Salvo per il terriccio della semina, che era a base di torba, pomice e ghiaietto, queste piante sono cresciute nella tradizionale composta con un 30% di torba fine e il resto pomice e lapillo in parti uguali. In genere utilizzo questo mix quando voglio aiutare le piante da semina a svilupparsi in tempi più rapidi, per poi passarle in quello che considero il mio “terriccio standard” a base di terra di campo, pomice, ghiaia e torba al 10%.

Nell’articolo che segue vediamo esattamente in cosa consiste questo mio esperimento, quale tipo di terriccio ho deciso di utilizzare e vediamo soprattutto i risultati con le foto scattate a due anni di distanza dal test. (…)

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