Vasi e inerti nella coltivazione di piante grasse: si possono riciclare o è meglio buttare tutto?

L’autunno entra nel vivo e con l’arrivo delle giornate fredde le piante grasse, si tratti di cactacee o di succulente, richiedono meno “attenzioni” da parte nostra. In questo periodo, quantomeno al Nord Italia, le piante devono già trovarsi nella loro collocazione invernale, protette dalle intemperie e dal freddo eccessivo. Per i rinvasi c’è tempo, dal momento che è meglio attendere la metà o la fine dell’inverno per questo genere di operazioni. Le annaffiature sono ovviamente sospese e non ci resta che effettuare qualche trattamento preventivo per proteggere le succulente da funghi e muffe durante i mesi invernali. Quale periodo migliore, allora, se non questo per dedicarsi a fare ordine tra vasi, vasetti, terricci e materiali necessari per i substrati? Ed è qui che sorge in molti coltivatori una domanda tutt’altro che banale: vasi e inerti costano, è proprio il caso di buttarli e comprarne di nuovi o è possibile riciclare tutto questo materiale? La risposta, chiaramente, è sì: riciclare è d’obbligo, ma attenzione, a determinate condizioni e assicurandosi che tutto ciò che andremo a riutilizzare sia perfettamente pulito e privo di parassiti, spore, muffe, polvere ecc.

A questo tema è dedicato l’articolo che segue, che entra nel dettaglio della pulizia e della sterilizzazione di vasi (in plastica e cotto) e dei materiali utilizzati per i substrati (pomice, lapillo, ghiaia, ecc.) che sono stati messi da parte dopo gli ultimi rinvasi effettuati nei mesi scorsi. (…)

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Rettili, roditori, insetti: quanti incontri si fanno coltivando piante grasse! Ecco tutti quelli da evitare

Perfino un giovane pipistrello, impigliato, povero lui, tra le micidiali spine uncinate di un Ancistrocactus e morto in quello sgradito abbraccio nel corso della notte, senza che io potessi accorgermene e far qualcosa per liberarlo. In tanti anni di coltivazione mi è capitato anche questo come vedrete nella foto all’interno dell’articolo. Chi coltiva cactus, specie se dispone di una serra (sebbene incontri singolari si possano avere anche coltivando in un giardino, su una terrazza o su un balcone) sa bene che non solo gli insetti, ma anche molti rettili o piccoli mammiferi sono soliti sgusciare tra una pianta e l’altra. Lucertole, ragni, formiche, lumache, mantidi, piccoli uccelli e topi (non tanto quelli piccoli, i cosiddetti topi di campagna, ma i veri e propri ratti, che divorano qualsiasi pianta, spine o non spine) abbondano in particolare se si coltiva in campagna, dove non è raro imbattersi anche in qualche innocua biscia d’acqua. Abbondano, in particolare, se si predilige una coltivazione spartana, con ridotto utilizzo di prodotti chimici. La maggior parte di questi “ospiti” non arreca alcun danno alle piante; altri ancora sono utili nella lotta contro i parassiti: si pensi alle coccinelle (coccinelle, non cocciniglie!) o a quel ragnetto di colore rosso visibile a occhio nudo che se ne va a spasso sui fusti dei cactus e che di primo acchito ci fa prendere un colpo, ma che in realtà è un utile predatore del dannosissimo ragnetto rosso, invisibile a occhio nudo (al contrario dei danni che provoca alle piante). 

In questo articolo ecco una panoramica degli incontri con animali o insetti che ho avuto in anni di coltivazione, sia su un piccolo balcone che nell’attuale grande serra in campagna. Soprattutto, ecco qualche utile informazione per capire quali sono gli animali o gli insetti “amici” e quali sono invece gli animali o gli insetti “nemici” e come tenerli a bada. (…)

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Ecco l’autunno: quali trattamenti possiamo fare per proteggere le piante grasse e ridurre le perdite?

Con l’inizio dell’autunno quasi tutte le piante grasse cominciano a prepararsi alla stasi vegetativa che si protrarrà fino a febbraio/marzo. Nei mesi invernali, i cactus (salvo qualche eccezione come Melocactus, Discocactus e le epifite come gli Epiphyllum) e moltissime succulente (fatta eccezione per quelle originarie dell’emisfero australe o di aree come il Madagascar) bloccano la crescita e vanno in riposo per recuperare le energie e poter fiorire durante la stagione successiva. In questi mesi le piante vanno tenute al freddo e non vanno annaffiate. E’ tuttavia utile effettuare qualche trattamento preventivo per evitare che, complice l’umidità invernale, durante questi mesi si formino muffe o funghi che al primo rialzo della temperatura, attivandosi, inneschino il marciume. Attenzione: i trattamenti preventivi con prodotti chimici possono essere utili ma non vanno per forza effettuati. Si tratta semplicemente di una misura di prevenzione, dal momento che la migliore forma di difesa resta sempre la coltivazione spartana delle piante accompagnata da un buon ricambio di aria nel corso dell’autunno e dell’inverno. Ci sono coltivatori che limitano all’essenziale questi trattamenti, magari privilegiando prodotti a basso impatto ambientale (io stesso ho adottato questa decisione da anni) e coltivatori che abusano dei prodotti chimici nella speranza di rendere così le loro piante invulnerabili rispetto a parassiti animali, funghi e muffe.

In questo articolo, che completa quanto già esposto in altri articoli (che troverete grazie ai link interni) vediamo cosa è consigliabile fare in queste settimane per proteggere le piante e limitare al massimo le perdite per marciume o a causa di parassiti. (…)

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Come coltivare i cactus: il vademecum con le 10 cose che devi assolutamente sapere per evitare errori

Sole pieno? Ma che ne vuoi sapere, la finestra sul pianerottolo basta e avanza! Terriccio? Io lo compro pronto al supermercato, è perfetto. I vasi? Più piccoli sono e meglio è: guai a lasciare più di mezzo centimetro tra la pianta e il bordo… E via così, a suon di amenità, false convinzioni, “sentito dire” che assurge rapidamente a dogma perché… perché l’ha detto il tizio là su Facebook e quello si capisce subito che è uno che se ne intende perché ha le luci giuste e il montaggio pare gliel’abbia fatto Kubrick. Battute a parte, quante fesserie tocca ancora oggi sentire riguardo alla coltivazione dei cactus? Quanti “influencer” improvvisati cavalcano la cresta dei social sospinti dal Maestrale dei like (già, i like, che in gergo vengon detti “le metriche della vanità”…) e, forti per l’appunto di legioni di followers e pollicioni in su, ammanniscono lezioni e conferenze ammiccando dai monitor, svelandovi “5 trucchi fantastici che non conosci sui cactus” o “come passare dal seme alla pianta in fiore in 35 secondi netti”. Oppure, con atteggiamento a metà tra il cospiratorio e l’aummaumma dello sgamato imbonitore, ti promettono di insegnarti tutto ma proprio tutto sulla coltivazione di queste splendide piante (solitamente declinate a elemento d’arredo anche grazie a vezzeggiativi quali “ciccette”, “grassine”, grassottelle” e avanti così con tutto ciò che veste bene i lipidi). Poi, magari, scava scava, scopri che l’influencer di turno coltiva cactus da 2 o 3 anni – regalo di nonna -, li tiene accanto al pc o al televisore (“sai, assorbono i raggi magnetici”), non distingue una Rebutia da una Begonia e non s’è mai preso/a la briga di sfogliare un qualsiasi libro su cactacee e succulente. Tanto c’è il web, no? Ci sono gli influencer anche per le piante, no? No. Ci sono personaggi simpatici e preparati, ci sono bei faccini che qualcosa sanno, ma c’è anche tanta fuffa (perdonate il termine da vecchio cronista). Tante informazioni sbagliate, tanta confusione e tanta impreparazione.

Allora, senza alcuna velleità di offrirvi con questo articolo “Il Verbo”, ecco un vademecum, un elenco di dieci cose che dovete sapere (o dovreste già sapere!) se volete coltivare davvero al meglio i vostri cactus. Senza trucchi né inganni: qui siamo ai fondamentali, suvvia. Ma senza questi non si va da nessuna parte. E sono convinto che anche chi, scorrendo i 10 punti dirà dieci volte “ah sì, lo so”, troverà in questo vademecum uno strumento utile per ripassare, porsi qualche domanda in più e spingersi a migliorare. E state tranquilli, quanto segue non arriva dal web, ma da 30 anni di esperienza sul campo, di esperimenti e fallimenti, dal confronto con coltivatori e studiosi ben più esperti di me e dalla lettura di qualche dozzina di manuali in italiano, inglese, francese, spagnolo (e pure tedesco, sebbene in quel caso, lo confesso, mi sono limitato a fotografie e didascalie, non conoscendo il teutonico idioma!) (…)

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Astrophytum asterias gravemente disidratati: ecco un tentativo di salvataggio con… l’idrocoltura!

Idrocoltura e piante grasse suonano, per certi versi, al pari di un ossimoro concettuale. Piante che si sono naturalmente evolute per far fronte alla siccità, a piogge concentrate in brevi periodi dell’anno; piante che crescono in suoli estremamente aridi, insomma, come possono andare d’accordo con l’idrocoltura? Come possono, in altre parole, essere coltivate con una tecnica che prevede che le radici siano costantemente a contatto con l’acqua? La risposta è semplice: non possono. Tuttavia… tuttavia in determinati casi e seguendo precisi accorgimenti, il contatto costante delle radici di una pianta succulenta con l’acqua può contribuire a salvare quella pianta. Anche se quella pianta è una succulenta. Ed è esattamente ciò che sto cercando di fare in questi giorni per salvare due Astrophytum asterias di mia semina in condizioni di disidratazione estrema, al limite della morte di sete (un bel colmo per dei cactus!). Ma andiamo per gradi e vediamo esattamente cosa è successo a queste due piante e come (e perché) sto cercando di salvarle attraverso una sorta di “idrocoltura temporanea”.

Spiego tutto con tanto di foto nell’articolo che segue, che considero – nei fatti – la descrizione di un esperimento forse azzardato e certamente poco ortodosso ma al tempo stesso non privo di logica. (…)

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